LA STORIA

I
n generale, non è possibile parlare di "storia" se non si prendono in Giorgio Castriota Skanderbeg Giorgio Castriota Skanderbeg
considerazione gli eventi, i fatti e i riferimenti "preistorici" da cui essa si è generata; a tal fine e per ciò che riguarda la possibilità di ritracciare il percorso storico degli insediamenti arbëreshë (o italo-albanesi) della Capitanata (Molise e Puglia settentrionale), è necessario partire dal luogo d'origine dei migranti arbëreshë: l'Albania.

 

L'odierna Repubblica d'Albania rappresenta solo una parte del territorio in cui si stanziarono, già a partire dall'età del bronzo, popolazioni illiriche che, acquisendo vita sedentaria, si organizzarono in tribù e, successivamente, in confederazioni.

 

Nel V secolo a.C., la federazione di tribù illiriche divenne un potente Stato, riuscendo a sviluppare i commerci e a coniare una propria moneta. Tale potere preoccupò Roma, che si sentì minacciata dalla presenza di navi illiriche sul mare Adriatico che compivano atti di pirateria e così, chiamata in aiuto dalle colonie greche di Apollonia (odierna Poiani) e di Epidamno (oggi Durazzo) minacciate dai pirati illirici, intraprese una guerra contro questi ultimi che si concluse nel 167 a.C. con la vittoria romana e l'occupazione del territorio oltre Adriatico.

 

La dominazione romana durò oltre cinquecento anni e vide fiorire numerose colonie, fu creata un'efficiente rete stradale (la via Egnazia parte da Durazzo e attraverso la Tracia arriva fino a Costantinopoli) che favorì i traffici commerciali dall'Occidente all'Oriente: il periodo di "romanizzazione" permise l'irradiazione di una nuova civiltà che permeò l'organizzazione sociale, i costumi e persino la lingua.

 

Nel 395 d.C., il territorio illirico fu assegnato all'Impero d'Oriente con capitale Bisanzio, in seguito alla divisione dell'Impero romano. Esso fu diviso in due regioni, il cui confine naturale era segnato dal fiume Shkumbin: a nord la Prevalitana e a sud l'Epirus nova, entrambe controllate da Teodosio attraverso i figli Onorio e Arcadio.

 

Ma il 395 d.C. è anche l'anno in cui ebbero inizio le incursioni barbariche, prima dei visigoti di Alarico e, successivamente, degli unni (441 d.C.) e degli ostrogoti (461 d.C.), i quali saccheggiarono continuamente il territorio. Nel 595 d.C., fu la volta dei serbi che invasero il nord dell'Illiria e devastarono Scopia (oggi Skopje) per stabilirsi definitivamente nel 625. Con costoro cominciò un periodo di forte slavizzazione dei popoli balcanici che si protrasse fino al 1360 e, durante il quale, le popolazioni illiriche furono completamente assorbite, sopravvivendo unicamente nelle regioni meridionali, dove riapparirono sulla scena storica medievale con il nome di Albanòi che è anche la radice etimologica del successivo etnonimo Albën o Arbër (quest'ultimo con rotacismo delle consonanti laterale e nasale), da cui successivamente è derivato, in epoca romana, arbënesh oppure arbëresh mediante l'aggiunta del suffisso -esh.

 

Parallelamente, la presenza serba fu contrastata da altre popolazioni straniere: i bulgari invasero i territori albanesi fra l'890 ed il 1018; i normanni occuparono Durazzo nel 1077; Venezia nel 1070, in cambio del servizio marittimo nell'Adriatico, ottenne da Bisanzio la città di Valona e la cittadella di Kanina. Le mire espansionistiche della Repubblica veneziana furono arginate da Mikhalitzès (Michele I), governatore di Durazzo, che riuscì ad organizzare le tribù albanesi contro il nuovo invasore in una lotta durata sino al 1204, anno in cui Venezia conquista l'Albania e l'Epiro. Ma nel 1214, il dominio veneziano è annientato grazie all'azione bellica di Teodoro - fratello di Michele I - il quale ingaggia una dura lotta anche contro i bulgari che miravano ad impossessarsi del territorio albanese. Dopo un breve dominio bulgaro (1230-1231), i serbi si riaffacciarono sulla scena storica, prendendo nuovamente il sopravvento e riunificando l'Albania - sebbene per poco tempo, fino al 1257 circa - in un territorio che comprendeva anche la Bosnia, la Macedonia, l'Epiro e una parte della Grecia attuale.

 

È il 1258 la data convenzionale che segna l'origine del fenomeno migratorio albanese, periodo in cui intercorrevano relazioni politiche tra gli Svevi e gli Epiroti. Nel 1257, Michele II, successore di Teodoro riconquistò i territori perduti e accentuò il carattere albanese del suo governatorato. Il matrimonio della figlia Elena con lo svevo Manfredi (1259) aprì un nuovo periodo per l'Albania, permettendo la riunificazione delle due sponde dell'Adriatico sotto un'unica signoria. Intanto, in Italia il papa Urbano IV, ostile agli Svevi, cercò un antagonista a Manfredi e chiamò Carlo D'Angiò (fratello del re di Francia) offrendogli il Regno di Sicilia. Carlo fu incoronato a Roma dal nuovo papa Clemente IV "re di Sicilia" e si mosse alla conquista del regno, sconfiggendo il re Manfredi nella battaglia presso Benevento nel 1266. Carlo D'Angiò si impossessò del trono di Manfredi e costituì nel 1267 il Regnum Albaniae, che riuscì a durare fino al 1368 circa, tentando vanamente di unificare i vari principati governati dalle grandi famiglie albanesi; in questo periodo, queste ultime ricevettero dagli Angioini il riconoscimento dei loro possedimenti e crearono un sistema feudale, dando vita alla classe nobiliare dei proprietari terrieri. Inoltre, per reagire alle minacce dei serbi e, poi, dei turchi, esse tentarono di allearsi per ottenere l'indipendenza, provocando un notevole disordine che favorì nuovamente la riconquista del territorio albanese da parte dei serbi, i quali però furono sconfitti definitivamente nel 1389 in Kosovo.

 

Giorgio Castriota Skanderbeg Giorgio Castriota Skanderbeg

Con l'espulsione serba comincia la lenta ed inarrestabile penetrazione turca in Albania, che venne contrastata dai veneziani negli ultimi anni del XIV secolo. Infatti, Venezia chiamata in aiuto dalle famiglie albanesi avverse ai serbi e ai turchi, giunse sulle coste albanesi sia per consolidare i suoi traffici commerciali, sia per prevenire un'eventuale minaccia turca. Così, la Serenissima conquistò Durazzo, Kruja, Valona e Butrinto, impadronendosi in pochi anni della quasi totalità del territorio albanese, sotto il costante incalzare dei turchi, i quali però raggiungono Valona nel 1417, Scutari nel 1479, Durazzo nel 1501 e Prevesa nel 1530. Simbolo della loro resistenza - durata circa un secolo - è l'eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skanderbeg (1405? - 1468), che grazie all'appoggio dei veneziani, del pontefice e del re di Napoli riesce a fronteggiare i turchi, coalizzando contro di loro i principi albanesi. In particolare, il Congresso di Lezhë (1444) assume un alto valore storico per la scoperta di una coscienza nazionale da parte degli albanesi, i cui capi-tribù riuniti per la prima volta sotto un unico principato costituiscono una Lega antiturca e nominano Skanderbeg loro capo. La morte di Skanderbeg fu una grave perdita sia per l'Albania, sia per la Chiesa cattolica, che vide in lui il simbolo della lotta contro l'invasione degli infedeli ottomani.

 

Ebbe così inizio la dominazione turca che si protrasse fino al 1912, anno in cui l'Albania fu dichiarata indipendente. Il dominio ottomano bloccò ogni forma di progresso civile ed economico: l'agricoltura fu abbandonata, le vie di comunicazione e i ponti caddero in rovina, le città si spopolarono e i suoi abitanti furono costretti ad emigrare da ogni regione dell'Albania poiché sottoposte dai turchi al devshirme (reclutamento forzato dei bambini cristiani per avviarli alla carriera militare) e ad esosi tributi come il gezieh (imposta fondiaria) o il kharah (testatico: tassa imposta ai cattolici e a tutti coloro che professavano una religione diversa dall'islamismo). Ebbe inizio la grande diaspora che vide molti albanesi attraversare l'Adriatico per stabilirsi nei territori costieri meridionali della penisola italiana, dove ancora oggi sono stanziate numerosissime comunità arbëreshe.

 

La storiografia arbëreshe è solita scandire ed ordinare in sette date i flussi migratori delle popolazioni albanesi giunte nell'Italia meridionale:

 
 

nel 1448, l'immigrazione di Reres che sembra aver originato le colonie arbëreshe di Sicilia;

 

nel 1461, lo stanziamento di soldati di Skanderbeg in Puglia, da cui trasse origine parte del nucleo di insediamenti in Capitanata e in Molise, zone in cui è possibile fossero già presenti, in precedenza, piccoli nuclei arbëreshë;

nel 1468, in seguito alla morte di Skanderbeg, vi fu lo spostamento più consistente di albanesi in Italia;

 

nel 1533, sembra abbia avuto luogo l'esodo dei profughi di Corone che si stanziarono soprattutto nel cosentino alla destra del fiume Crati (tra cui vi è San Demetrio Corone);

 

nel 1647, vi fu l'esodo dei profughi della Maina (Peloponneso meridionale);

 

nel 1744, il flusso migratorio si diresse verso il centro Italia e fu fondata la colonia di Villa Badessa (in provincia di Pescara) voluta da Carlo III, il re che costituì il reggimento speciale di volontari albanesi, il "Real Macedone";

 

infine, nel 1774 Ferdinando IV di Borbone permise ai profughi albanesi di stanziarsi a Brindisi.

 

Se, da un lato, gli storici sono riusciti a ricostruire le vicende riguardanti la macro-storia dell'area mediterranea e balcanica in particolare, dall'altro a tutt'oggi non si può delineare con certezza la micro-storia di quest'area ed, in particolare, non sono ancora disponibili degli studi storici sistematici riguardanti gli insediamenti italo-albanesi, data l'assenza o la considerevole penuria di una reale documentazione storica risalente all'origine dei flussi migratori medievali.

 

 

L'articolo è stato curato integralmente da Maria Luisa Pignoli.

 

Albanoi o Arbanoi è la denominazione di una tribù illirica, attestata per la prima volta da Tolomeo, nel II secolo d.C., ad oriente di Durazzo, che ha avuto il significato di "abitante di Alba o di Arba" (cfr. Demiraj Sh., La lingua albanese. Origine, storia, strutture, in "Studi e testi di albanistica", 6, Centro editoriale e librario - Università degli Studi della Calabria, 1997, p. 199).

 

La disamina storica riguardante la reale esistenza di Demetrio Reres è affrontata da Matteo Mandalà nel suo testo - Mundus vult decipi. I miti della storiografia arbëreshe, in "Studi e testi albanesi", 4, Mirror, Palermo, 2007 - in cui si affrontano le numerose falsificazioni storiche riguardanti la minoranza italo-albanese, tese a nobilitare le proprie origini.